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23/03/2016

UN GIARDINO PER FRASSATI

A Torino in piazza Solferino. L'intitolazione ufficiale il 30 marzo

Con una breve cerimonia ufficiale, mercoledì 30 marzo, alle 11, il giardino di piazza Solferino, a Torino, sarà intitolato ad Alfredo Frassati, il fondatore de "La Stampa".
Fatta l’Italia bisognava fare gli italiani e i giornali avrebbero dato una mano. «La Stampa» è il capolavoro di Alfredo Frassati, vulcanico biellese nato a Pollone il 28 settembre 1868. Studente di legge in Germania, a ventitre anni comincia a inviare corrispondenze alla «Gazzetta Piemontese» di Vittorio Bersezio. In tre anni diviene comproprietario e condirettore della testata. Nel 1895 le cambia i connotati e il nome, facendone un grande giornale politico, approdo e vivaio di firme illustri, dai ferrei princìpi di «un giornalismo moderno, indipendente da tutti, onestissimo».
Liberale ma simpatizzante per i socialisti, favorevole allo sviluppo dell’industria ma pure ai diritti dei lavoratori, è il primo giornalista a diventare senatore. Amico di Giolitti, da lui inviato ambasciatore a Berlino, quando Mussolini sale al potere Frassati si dimette e torna in redazione. Con la stessa determinazione con la quale si è opposto all’intervento italiano nella guerra 1915-18, si lancia contro la sgangherata impresa di D’Annunzio a Fiume. E’ antifascista in pieno fascismo. Come Zola per l’«affare Dreyfus», Frassati grida il suo «atto d’accusa» al regime per il delitto Matteotti. Paga con una serrata che ferma il quotidiano quaranta giorni. Poi lo perde del tutto, scacciato dalla direzione e dalla proprietà poco dopo la morte del figlio Pier Giorgio di ventiquattro anni, a causa di una poliomielite fulminante.
Combatte la disperazione lavorando. Agricoltore a Pollone, fa piantare centomila alberi sulle montagne biellesi. Presidente dell’Italgas, pilota l’azienda a risorgere da un drammatico fallimento. Membro dell’Assemblea Costituente, superati i novant’anni continua a scrivere articoli di memorie politiche.
Muore all’improvviso il 21 maggio 1961, senza poter immaginare che per tanti gesti di fede e carità il suo Pier Giorgio sarebbe stato eletto da papa Wojtyla tra i beati.

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